Zona umida Sardegna

Generalità

La Sardegna, con i suoi 1870 Km, è la regione italiana a maggior sviluppo costiero.

Per costa s’intende quella fascia di territorio posta tra il mare ed il continente, che risente delle azioni dirette ed indirette del mare. Essa rappresenta un’unità fisiografica, di larghezza variabile, il cui limite interno dipende dal campo d’influenza dell’areosol sulla vita vegetale e sulle rocce.
Il limite non è netto, ma sfuma gradualmente man mano che ci si spinge verso l’interno, e dipende principalmenteda fattori climatici e morfologici. Elevata montuosità e morfologia piana, ad esempio, sono parametri che forniscono ampiezza della fascia costiera. Da questa considerazione si evince che la fascia costiera occidentale della Sardegna, battuta da frequenti venti dei quadranti occidentali, sia più ampia rispetto a quella orientale, in quanto l’areosol riesce a spingersi più in profondità nell’entroterra.
L’areosol è una miscela di infinitesime particelle di acqua ricche di sali che l’azione del vento preleva dalla superficie del mare. Specie durante i marosi, cioè quando spira vento dal mare verso la terra ferma, la quantità di areosol e la sua distanza di propagazione all’interno del continente è maggiore. L’areosol, oltre ad influenzare lo sviluppo della vegetazione, nonché il predominio di alcune specie sulle altre, determina un attacco chimico-fisico della roccia ed una progressiva disgregazione della stessa, contribuendo così al modellamento del paesaggio costiero.

Il mare, il vento e l’uomo sono i principali agenti del modellamento costiero.

Il mare agisce principalmente con il moto ondoso e le correnti.
Le onde marine , come noto, sono dei movimenti oscillanti della superficie del mare, generati da qualsiasi azione che perturbi le acque, il vento è la causa più frequente. Il moto ondoso determina la formazione delle spiagge attraverso azioni di erosione, trasporto e sedimentazione di materiale proveniente, in minima parte, dall’azione diretta delle onde sulle coste rocciose e, soprattutto, dall’elaborazione dei detriti che i corsi d’acqua scaricano in mare.
Per quanto riguarda le correnti marine, quelle che maggiormente influiscono sulla dinamica costiera sono le correnti di deriva litorale e le correnti di marea. Le prime si muovono parallelamente alla costa e sono responsabili del trasporto e della distribuzione di grandi quantità di materiale detritico. Ad essa imputabile la genesi delle frecce litorali, cioè di corpi sabbiosi allungati che, a partire dalla costa, si dispongono parallelamente alla stessa dando origine ai bacini lagunari (Corru s’Ittiri, P.ta s’Aliga, ecc.). Le maree sono responsabili di un notevole movimento di acqua e di materiale detritico, con senso alterno (flusso e riflusso), specie nelle zone di laguna e presso le foci fluviali. Queste correnti creano dei veri e propri canali sommersi scavati sulle sabbie e sui fanghi delle lagune e dei delta.
Il vento oltre ad avere un importante azione “levigatrice” sulle superfici esposte delle rocce, specie quando ha in carico frazioni detritiche, ed essere un veicolo di diffusione dell’areosol e responsabile della formazione dei sistemi dunari costieri, che rappresentano un importante serbatoio di accumulo e prelievo di materiale per la spiaggia emersa.
L’uomo, infine, agisce quasi sempre in maniera negativa sui delicati equilibri che regolano la dinamica costiera. Lo sbarramento e la canalizzazione dei corsi d’acqua, in forte carico turistico, la costruzione di strade, porti e villaggi prossimi al mare, rappresentano attività che, se non gestite pianificate adeguatamente, sono un serio pericolo per la conservazione di questi ambienti.

Quello costiero è, dunque, un ambiente estremamente dinamico, soggetto a continue modificazioni legate agli infiniti scambi di energia tra terra e mare. Spesso gli interventi dell’uomo alterano l’equilibrio dinamico delle fasce costiere, determinando immediate risposte dell’ambiente naturale alle nuove condizioni imposte. Sovente tali risposte si traducono in fenomeni erosivi dei litorali sabbiosi e in sostanziali modificazioni del regime idrogeologico che regola il bilancio idrico delle zone umide.

La grande variabilità litologica, l’influenza della tettonica e le fluttuazioni del livello del mare conseguenti i cambiamenti climatici degli ultimi 1.800.000 di anni, uniti a parametri climatici ed alle interazioni tra dinamica fluviale e dinamica marina, hanno determinato la genesi di diversificate morfologie costiere difficilmente riconducibili ad un unico modello genetico-evolutivo, e dunque ad classificazione semplicistica. Caso per caso i suddetti fattori hanno guidato il modellamento dei tratti costieri dando origine a coste ora alte e ora rocciose scolpite nelle più svariate litologie, ora basse e sabbiose con o senza sviluppo di sistemi dunari e di retrostanti aree stagnali e lagunari.

Anche le zone umide costiere della Sardegna non sono riconducibili ad un unico modello genetico-evolutivo, per cui la classificazione che seguirà terrà conto dell’influenza che i diversi parametri morfogenetici hanno avuto nell’evoluzione delle singole aree. Tale classificazione si basa dunque sull’individuazione dei più significativi processi che hanno determinato la nascita delle zone umide e si affianca a quella di tipo descrittivo fornita dalla convenzione di Ramsar (Davis, 1994).
Seguendo quest’ultima classificazione le categorie presenti nella fascia costiera della Sardegna sono:
1) Zone umide marine e costiere: comprendono sistemi deltizi ed estuari, stagni e
lagune salmastri e salati;
2) Zone umide interne:laghi di acqua dolce,stagni temporanei salmastri e salati;
3) Zone umide artificiali:saline.

Per estuario s’intende la parte terminale di una valle fluviale, in zone litorali con sensibili escursioni di marea. Qui le interferenze delle correnti fluviali con i movimenti del mare determina una complessa ridistribuzione dei sedimenti fluviali ad opera delle correnti di marea. Le forme che ne derivano sono banchi sabbiosi fusiformi allungati nel senso della corrente separati da profondi canali.

I delta invece, si originano per attivo deposito dei sementi di origine fluviale e fluviomarina, tale da far avanzare la linea di costa verso il mare, Essi si originano in aree a modesta escursione di marea.Nei grandi fiumi l’elevata deposizione di materiali detritici porta alla formazione di foci multiple,perché in questi ambienti i corsi d’acqua tendono a ramificarsi. Se le azioni del mare hanno direzione perpendicolare alla linea di costa,i materiali vengono distribuiti in maniera simmetrica. Quando, invece, le azioni del mare hanno una direzione obliqua, il delta tende ad assumere forme asimmetriche. Nel tracciato della costa i delta appaiono normalmente come delle sporgenze, a meno che non si siano formati sul fondo di strette insenature preesistenti.

Secondo tali definizioni in Sardegna è più opportuno parlare di delta fluviali piuttosto che di estuari, in quanto non è possibile riscontrare nei nostri mari una forte escursione di marea. La forma e le dimensioni dei delta fluviali dei fiumi della Sardegna non è mai accentuata ed evidente nel tracciato costiero sia per le limitate dimensioni dei corsi d’acqua, sia per le forti interferenze antropiche che hanno generalmente approfondito i tratti terminali dei corsi d’acqua, e sia per il fatto che numerosi corsi d’acqua sono impostati su precedenti valli profondamente incise durante la regressione wurmiana, fattore che determina una più facile distribuzione dei sedimenti.
La classificazione proposta dalla Convenzione di Ramsar è, per certi aspetti, troppo generica e non sufficiente a definire differenze di carattere geomorfologico e idrogeologico. Si è per tanto ritenuto opportuno proporre una classificazione che tenga conto di parametri di tipo genetico-evolutivo.

Alla luce di queste considerazioni le zone umide costiere della Sardegna possono essere distinte in :

a) Lagune salmastre e stagni di origine marina.

Si sviluppano in corrispondenza di tratti costieri a morfologia piana ed in aree depresse generalmente originatesi per fenomeni di subsidenza. Sono zone che, viste le loro caratteristiche orografiche, ricevono le acque di importanti corsi d’acqua, che estendono il loro bacino imbrifero ai rilievi che contornano la pianura. La forte sedimentazione fluviale, unitamente alle caratteristiche morfologiche dei territori in oggetto, determina la formazione di estese lagune ed aree stagnali. La dinamica fluviale e marina determina la formazione di canali di circolazione idrica all’interno della laguna stessa che assicurano il ricambio idrico. La salinità delle acque varia notevolmente da zona a zona: risulta dolce nelle acque più prossime alle interferenze fluviali mentre aumenta progressivamente di salinità nelle aree periferiche sempre più con caratteristiche stagnali.
La distinzione tra laguna e stagno si basa proprio sulla possibilità o meno di circolazione e scambio idrico da e verso il mare. Le lagune, per definizione, possiedono dei collegamenti perenni con il mare aperto, mentre gli stagni, al contrario, ricevono l’acqua del mare solo in eventi eccezionali. L’evoluzione naturale di una laguna prevede il progressivo interramento ed occlusione delle bocche a mare, fino ad assumenre, dunque, caratteristiche idrauliche tipicamente stagnali.

L’utilizzo delle aree stagnali come riserve ittiche obbliga l’uomo a costruire nuove bocche di comunicazione tra mare e stagno, o ad ampliare ed approfondire i canali di comunicazione già esistenti, per assicurare un continuo ricambio idrico, instaurando di fatto condizione di circolazione idrica tipicamente lagunari.

Profilo e nomenclatura spiaggia
Profilo e nomenclatura della spiaggia (Clicca sulla foto per ingrandirla)

b) Depressioni stagnali.

Nel profilo trasversale di una qualsiasi spiaggia è possibile evidenziare differenti zone: l’avanspiaggia, il cordone di spiaggia, la depressione di retrospiaggia, le dune (vedi figura sopra).
L’avanspiaggia è la parte di una spiaggia costituita da sedimenti attuali incoerenti su cui il mare agisce in maniera diretta con il moto ondoso.
Il cordone di spiaggia rappresenta il limite dei massimi frangenti e costituisce un accumulo sabbioso che segue l’intero sviluppo longitudinale della spiaggia. Esso è alimentato in gran parte dai frangenti ma è accresciuto anche dalle azioni del vento che preleva la sabbia dall’avanspaiggia.
Oltre il cordone di spiaggia si sviluppa la depressione di retrospiaggia costituita da depositi costieri non attuali. Durante le forti mareggiate la depressione di retrospiaggia può venire invasa dalle acque marine, determinando la nascita di uno stagno generalmente temporaneo.
Le dune, infine, rappresentano dei depositi sabbiosi generati dalla sola azione del vento che delimitano verso l’interno la spiaggia stessa. Le dune possono essere mobili, cioè prive di vegetazione e dunque libere di muoversi e spostarsi in funzione dell’azione del vento, o stabilizzate, cioè più o meno ricoperte da essenze vegetali erbacee, arbustive ed arboree, che trattengono la sabbia e fissano la duna.

c) Acque deltizie.

Il regime torrentizio dei corsi d’acqua della Sardegna e il conseguente periodo di estinzione e di deflusso negli alvei, o comunque la drastica riduzione delle portate estive rispetto a quelle invernali, è all’origine della formazione di numerose zone umide costiere. I corsi d’acqua durante il periodo estivo o in annate particolarmente siccitose non hanno l’energie per aprirsi un varco verso il mare attraverso i cordoni sabbiosi, questi ultimi generatisi dalla deposizione di materiale di origine fluviale in seguito all’interazione tra le correnti fluviali e quelle marine, per cui tendono a divagare nella depressione di retrospiaggia o nel settore retrodunare. La gran parte delle zone umide presenti nella fascia costiera orientale della Sardegna, appartiene a questa categoria.

Genesi delle zone umide costiere

L’origine delle zone umide costiere della Sardegna, così come gran parte delle attuali morfologie costiere dell’isola, è riconducibile alla sua recente storia geologica.
In questo senso è opportuno riassumere brevemente le vicissitudini climatiche che si sono succedute negli ultimi 120.000 anni e le conseguenti fluttuazioni del livello del mare.
Il clima sulla terra è sempre stato instabile, e tale instabilità si è manifestata specialmente durante il quaternario, il cui inizio si fa partire da 1.800.000 anni B.P. (Before Present), attraverso l’alternarsi di periodi freddi, detti glaciali, ed altri decisamente più miti definiti interglaciali. Durante i primi la grande estensione di ghiacci determinava l’abbassamento del livello medio del mare, mentre durante gli interglaciali, al contrario, lo scioglimento dei ghiacciai portava ad un progressivo sollevamento dello stesso con conseguente sommersione delle terre emerse.
Durante il quaternario sono state riconosciute 5 glaciazioni (Donau, Gunz, Mindel, Riss, Wurm) e quattro periodi interglaciali intervallati alle glaciazioni.Attualmente stiamo dunque attraversando il quinto interglaciale.
Lungo le nostre coste i segni più evidenti delle fluttuazioni del livello del mare, appartengono all’interglaciale Riss-Wurm(120.000anni B.P.),quando il livello del mare era più alto rispetto all’attuale di 10.12 metri.Testimoni di questo momento trasgressivo (trasgressione tirreniana) sono dei depositi sabbiosi e conglomeratici di ambiente litorale (panchina tirreniana), contenenti una ricca fauna fossile ormai estinta alle nostre latitudini, particolarmente diffusi nelle nostre coste.
Durante il successivo periodo glaciale, denominato Wurm (75.000 anni B.P.), il livello del mare si abbassò fino a -130metri sotto l’attuale posizione, determinando l’emersione di estesi territori che furono occupati da imponenti campi dunari di cui oggi e’ possibile trovare le testimonianze nei depositi arenaci che spesso fungono da cornice alle spiagge attuali. Una delle conseguenze di tale fluttuazione negativa del livello del mare fu la rapida incisione degli alvei dei corsi d’acqua che tendevano così ad equilibrarsi con il nuovo livello di base.

La fine della glaciazione wurmiana coincise con un nuovo sollevamento del livello del mare (trasgressione versiliana) che raggiunse il suo apice circa 6.500 anni fa, durante il cosiddetto Optimum Climatico (1 metro circa sopra il livello del mare). La conseguenza di tale fluttuazione positiva fu il rapido colmamento delle anche valli fluviali precedentemente incise e l’accumulo sottocosta di grandi quantità di materiale detritico trasportato dai corsi d’acqua e in parte rimaneggiato dal mare. L’assestamento del livello del mare nell’attuale posizione determinò così l’emersione di numerose barre sabbiose che si erano create parallelamente alla linea di costa . Dove le condizioni morfologiche lo consentivano (golfi ed insenature), tali barre sabbiose determinarono la chiusura di tratti di mare con conseguente formazione di lagune e stagni.

Dall’analisi della distribuzione geografica delle zone umide lungo le coste sarde è possibile evidenziare come la gran parte delle aree stagnali e lagunari della Sardegna sia racchiusa in tre settori principali: il golfo di Oristano, il golfo di Cagliari, golfo di Palmas. Questi tre settori racchiudono in termini di superficie circa l’80% del totale delle zone umide costiere della Sardegna. Il restante 20% è distribuito in maniera più o meno uniforme nel resto del territorio costiero. Questo aspetto suggerisce che nei tre sopraelencati settori costieri siano esistite, ed in parte esistono tuttora, condizioni particolarmente favorevoli allo sviluppo delle zone umide.
Le zone umide dell’oristanese e quelle del cagliaritano si collocano, infatti, nelle estremità nord-occidentali e sud-orientali rispettivamente nella vasta piana del Campidano. Quest’ultimo, come è noto, rappresenta un’ampia depressione di origine tettonica (Graben), cioè legata a movimento di sprofondamento della crosta terrestre.le caratteristiche morfologiche ed idrogeologiche, unitamente alle fluttuazioni del livello del mare, determinano, dunque, lo sviluppo di un ampia fascia di transizione tra mare e continente, con formazione di estese aree stagnali.
Stesso discorso per il Golfo di Palmas, anch’esso situato in un area che è stata soggetta a sprofondamento tettonico in tempi relativamente recenti.
Molte aree stagnali e lagunari della Sardegna sono costituite da diversi bacini indipendenti separati l’uno dall’altro da sottili lingue di terra, ma comunque sempre in comunicazione per via freatica.
I differenti bacini si sono originati generalmente in momenti diversi corrispondenti a diverse posizioni del livello del mare. I bacini più interni sono quelli più antichi e le lingue di terra che li separano dai bacini più esterni rappresentano dei cordoni di spiaggia fossili, non più attivi (zone umide di P.to Pino, sistemi lagunari e stagnali del Golfo di Cagliari, ecc.).